ITALO CALVINO, TI CON ZERO, EINAUDI, TORINO 1967, PP. 88-89 (disegno di Elvira Giannattasio)
La separazione, l'impossibilità d'incontrarsi è già in noi da principio. Siamo nati non da una fusione ma da una giustapposizione di corpi diversi.
Due cellule passavano vicine: una è pigra e tutta polpa, l'altra è solo una testa e una coda saettante. Sono l'uovo e il seme: provano un po' di titubanza; poi si slanciano — con le diverse velocità loro — e si precipitano incontro.
Il seme entra nell'uovo a capofitto; la coda resta fuori; la testa — tutta piena di nucleo — va sparata contro il nucleo dell'uovo; i due nuclei vanno in pezzi: ci s'aspetterebbe chissà quale fusione o mescolanza o scambio di se stessi; invece, quel che c'era scritto in un nucleo e nell'altro, quelle righe separate, si dispongono allineate le une con le altre nel nuovo nucleo stampato fitto fitto; le parole di entrambi i nuclei ci stanno tutte, intere e ben staccate.
Insomma, nessuno s'è perso nell'altro, nessuno ha dato, né si è dato; le due cellule diventate una si trovano lì impacchettate insieme ma tali e quali a prima: la prima cosa che sentono è un po' una delusione.
Intanto il doppio nucleo ha dato inizio alla sequela delle sue duplicazioni, stampando i messaggi abbinati del padre e della madre in ognuna delle cellule figlie, perpetuando non tanto l'unione quanto la distanza incolmabile che separa in ogni coppia i due compagni, il fallimento, il vuoto che rimane in mezzo alla coppia più riuscita.
Certo, su ogni punto controverso le nostre cellule possono seguire le istruzioni d'uno solo dei genitori e così sentirsi libere dal comando dell'altro; ma quello che pretendiamo d'essere nella nostra forma esteriore sappiamo che conta poco in confronto al programma segreto che ci portiamo stampato dentro ogni cellula e dove continuano a fronteggiarsi gli ordini contraddittori del padre e della madre.
Ciò che conta davvero è questo litigio incomponibile di padre e madre che ognuno si tira dietro, col rancore d'ogni punto in cui un coniuge ha dovuto cedere all'altro che si fa sentire ancor più forte della vittoria del coniuge dominante.
Cosicché i caratteri che determinano la mia forma interiore ed esteriore, quando non sono la somma o la media degli ordini ricevuti da padre e madre insieme, sono ordini smentiti nel profondo delle cellule, controbilanciati da un ordine diverso rimasto latente, minati dal dubbio che magari l'altro ordine era migliore.